Natale del Signore
Dio ci spiazza: È venuto, è nato. Sta con noi, per noi
(Isaia 1, 9-1; Tito 2,11-14; Luca 2,1-14)
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» “.
Nella notte, nel silenzio, in periferia, lontano dal clamore, non avendo trovato posto dove nascere come tutti in una casa, Dio, il figlio di Maria e di Giuseppe, nasce in una stalla. Senza clamori, senza notorietà, rifiutato. Lui che nasceva per tutti, ha scelto di farlo nel “peggiore” dei modi. L’importante è che sia nato. Già questo è una lezione: un Dio che nasce. Lui che per caratteristica ha quella d’essere eterno, ingenerato, senza legami col tempo e con lo spazio, diventa creatura in una sua creatura. Si mette addosso, si riveste come di un abito, immergendosi sia nel tempo che nello spazio.
La sua nascita è un dono. Nessuno gli ha chiesto di farlo. Nessuno avrebbe mai osato arrivare a tanto, neppure la più fervida fantasia. Ma lui ci spiazza. È venuto. È nato. Sta. È il Dio con noi, per noi. Ormai fa parte dell’anagrafe umana, della storia umana. Anzi questa, nobilitata dalla sua presenza da allora in poi in lui riconosce un punto di convergenza: prima di lui e dopo di lui.
Come la storia si è aperta a questo evento connotandosi con un prima e un dopo, così la vita di chi si incontra con questa nascita e la fa propria deve essere, allo stesso modo, connotata da uno stile, da sentimenti, da modi di vivere che si distinguono dal prima di conoscerlo ed incontralo al dopo averlo accolto ed esperito.
Chi accoglie Dio nella sua esistenza la rende ricca, la porta alla pienezza, alla sazietà. Perché? Perché Dio è amore! Per amore nasce, per amore si dona, per amore abbassa sé stesso fino a questa scelta infima per un Dio ma apicale per un uomo. Dio per amore è diventato uomo, “umiliando sé stesso”, ma un uomo,perché amato si è rivestito di divinità, assurgendo ad altezze verticistiche.
Dio è di tutti e per tutti. Allora fino a che, ogni uomo, non si rende conto di quanto Dio gli dona, chi lo ha capito non deve darsi pace per far giungere a tutti la notizia. Ma come? Vivendo ed incarnando, nella nostra vita la ricchezza dell’amore di Dio. Come un fermento, come un lievito, come un principio attivo l’amore ricevuto si deve espandere, deve agire per direzionarci agli altri. Ogni cuore umano, soprattutto i più feriti, sterili, induriti debbono essere il punto di approdo del nostro donare, testimoniare l’amore ricevuto.
Ancora oggi Dio deve continuare a nascere. Si serve di noi per farlo. Accogliendolo ci fa essere grembi generativi. Ogni volta che qualcuno si sente da noi amato, Dio nasce nel suo cuore.
don Benito Giorgetta