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Le potature sono sempre un regalo alla pianta perché essa regali

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Le potature sono sempre un regalo alla pianta perché essa regali

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I Domenica di Quaresima 

Le potature sono sempre un regalo alla pianta perché essa regali

(Genesi 2, 7-9; 3, 1-7; Romani 5, 12-19; Matteo 4, 1-11) 

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Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano”.

Le potature per la pianta sono un regalo perché essa produca di più e regali i suoi frutti. La mano sapiente del contadino, che recide professionalmente escludendo i rami infruttiferi, non vuole la morte della pianta ma il suo risveglio. La natura stessa durante la stagione invernale “spegne” la forza generativa dell’albero per riattivarla in primavera con nuove gemmazioni e fioriture.

Il tempo di quaresima, perché connotato da scelte che preferiscono l’essenziale, che dispongono al silenzio, alla revisione, per nuove ripartenze; si può paragonare ad una volontaria e necessaria potatura. Ma anche in questo caso per. Una primavera dello spirito. Per far rifiorire la vita personale e relazionale.

Anche Gesù nel deserto si ritira per pregare, per connettersi col padre in intimità relazionale. Lì viene tentato, messo alla prova. Ma, ad ogni provocazione risponde appellandosi alle sue certezze acquisite dalla parola di Dio. Rifiuta le ingannevoli, ma allettanti proposte e sceglie la parte che non lo distacca da Dio. Noi siamo ciò che scegliamo. Gesù fugge dai baratti delle tentazioni aggrappandosi alle sue certezze. Il mercimonio non gli interessa. Il diavolo gli promette per avere. Chiede per dare. Gesù è abituato alla gratuità assoluta quella che nasce dal cuore e benefica l’amato. Il compromesso non è il suo stile. Non è la sua logica.

Le risposte che Gesù dà alle tre tentazioni alzano sempre il tiro. Il maligno guarda per terra, Gesù guarda nel cielo. Il maligno promette sazietà col pane, potere con la sfida, possesso con i beni. Tutte cose terrene, legate alla cupidigia, all’apparenza, al possesso. Gesù guarda il cielo. Non solo il pane sfama, ma “ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. La vera sfida non è mettere alla prova Dio, ma l’abbandono alla sua volontà che lo porterà fino alla croce. La bramosia del possesso per le cose naufraga quando ci si accorge che noi siamo posseduti dalle cose. Solo Dio libera. Solo a lui il nostro culto, la nostra devozione perché non ci possiede, non ci rende suoi schiavi e neppure adepti, ma figli liberi di amare e perfino di abbandonarlo.

Le tentazioni, quando sono vissute in Dio, rafforzano la fede, i rapporti. Servono a confermare le nostre scelte a radicarle maggiormente in Dio. Esse sono necessarie come le potature. Rafforzano la pianta e la rendonomaggiormente fruttifera ed apprezzabile. La vita è una continua scelta da che parte stare. Il bene o il male? Ad ognuno la scelta. E quando pur avendo scelto il bene ci troviamo a compiere il male, come dice l’apostolo Paolo “in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti, io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me”(Romani 7,18-20).

Se radicheremo la nostra vita in Dio, come ha fatto Gesù, scopriremo che il bene lo facciamo solo con l’aiuto di Dio e la sua grazia. Il male è solo opera nostra. Il male è cedere alle lusinghe della tentazione che è, e resta,menzognera e defraudatrice. L’inganno seduce ma delude. Gesù ci mostra la via della verità e della libertà. Ma perché tutto questo possa essere possibile anche per noi, ritornando all’esempio dell’albero, occorre essere legati alle radici, altrimenti l’albero anche se potato è infruttifero. La radice della nostra vita è solo Dio. Allora i nostri frutti saranno abbondanti per la nostra e l’altrui gioia. Perché i frutti si donano. Come l’albero che non li produce per sé stesso.

don Benito Giorgetta

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Don Benito Giorgetta
Don Benito Giorgetta
BENITO GIORGETTA (1955), sacerdote della diocesi di Termoli-Larino, parroco di San Timoteo in Termoli (Campobasso), licenziato in Sacra Teologia con specializzazione in Mariologia. Dottore in Bioetica, è giornalista pubblicista. Già docente di Teologia Morale della Sessualità e Bioetica presso l’Istituto Teologico Abruzzese-Molisano di Chieti. Presidente dell’Associazione “Iktus – Onlus”.

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