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Non solo battezzare i convertiti, ma convertire i battezzati

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Non solo battezzare i convertiti, ma convertire i battezzati

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II Domenica di Avvento 

Non solo battezzare i convertiti, ma convertire i battezzati

 (Baruc 5, 1-9; Salmo 125; Filippesi 1, 4-6.8-11; Luca 3, 1-6)

Ascoltiamo il Vangelo:

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“Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea. Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!»”.

La narrazione così analitica e descrittiva del vangelo di Matteo, in questa domenica, sembra essere animata da un desiderio di far vedere che è storico quanto raccontato. I riferimenti geografici e i nomi dei governanti non possono che confermare che quanto narrato corrisponde a verità. È facile capire questa intenzione matteana. Come si sa, lui scrive prevalentemente per i giudei convertiti al cristianesimo e allora è costante la preoccupazione di far notare una continuità tra quanto accaduto prima e ciò che Gesù è venuto a proporre.

In questa narrazione storico geografica viene presentata la figura di un grande profeta: Giovanni, figlio di Zaccaria. Predica nel deserto percorrendo tutta la regione del Giordano. L’essenza del suo insegnamento è costituita dall’accogliere il suo invito alla conversione attraverso il battesimo da lui amministrato proprio nelle acque del fiume Giordano perciò fu definito il Battista cioè il battezzatore, colui che immergeva le persone nelle acque di questo grande fiume.

La sua predicazione sostanzialmente contiene un invito già conosciuto perché annunciato dal profeta Isaia prima di lui: ”«Voce di uno che grida nel deserto: 
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! 
Ogni burrone sarà riempito, 
ogni monte e ogni colle sarà abbassato; 
le vie tortuose diverranno diritte 
e quelle impervie, spianate. 
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!»”. Sembra un ammonimento di ingegneria spirituale! Di rinnovamento interiore per aderire all’invito di convertirsi. Questa è un’opera che non cessa mai d’essere in esistenza nella vita del cristiano proprio ad iniziare dal giorno del battesimo fino alla morte. La conversione è un moto perpetuo della vita cristiana. Il cardinale milanese Tettamanzi, parlando ai giovani della sua diocesi che stavano per ricevere il sacramento della confermazione ammoniva: “Oggi, giustamente, ci preoccupiamo di battezzare i convertiti, ma è anche necessario convertire i battezzati”. Diceva questo per indurre a riscoprire la dignità del proprio battesimo.

Come Giovanni, il battezzatore, immergeva nelle acque del fiume Giordano, coloro che aderivano al suo richiamo, così, chi è stato battezzato deve sentirsi immerso nell’amore trinitario di Dio. Con il battesimo difatti veniamo rivestiti da questo amore per tutta l’eternità. Dal giorno del nostro battesimo nella vita del battezzato viene collocato il seme dell’eternità. La nostra misera umanità viene redenta, viene divinizzata dall’amore paterno di Dio che ci rende suoi figli. Una condizione questa che non sarà mai più cancellata. Neppure dal nostro peccato, dal nostro rifiuto. Come la paternità biologica non può essere mai cancellata perché scritta nei cromosomi, così la paternità di Dio è altrettanto indelebile perché scritta nel codice spirituale di ogni persona attraverso il battesimo.

Compito dei battezzati è quello di operare nella propria vita quel cammino progressivo di cambiamento riempiendo i burroni delle nostre delusioni, abbassando le altezze della nostra superbia e del nostro egoismo, raddrizzando i sentieri delle nostre scelte perché ci portino direttamente a Dio e non ci facciano indugiare nei meandri delle nostre incertezze. Solo allora vedremo, come promessoci, la salvezza di Dio.

Allora il cammino di avvento, da poco intrapreso, ci faccia sperimentare la gioia di andare incontro al Signore consapevoli che anche lui si incamminato verso di noi. Quando ci incontreremo sarà gioia vera, sarà gioia piena. Sarà l’abbraccio e la conclusione di due desideri realizzati.

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Don Benito Giorgetta
Don Benito Giorgetta
BENITO GIORGETTA (1955), sacerdote della diocesi di Termoli-Larino, parroco di San Timoteo in Termoli (Campobasso), licenziato in Sacra Teologia con specializzazione in Mariologia. Dottore in Bioetica, è giornalista pubblicista. Già docente di Teologia Morale della Sessualità e Bioetica presso l’Istituto Teologico Abruzzese-Molisano di Chieti. Presidente dell’Associazione “Iktus – Onlus”.

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