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I Domenica di Avvento – Anno C – 2 dicembre 2018

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I Domenica di Avvento – Anno C – 2 dicembre 2018

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“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le po­tenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nu­be con grande potenza e gloria. 
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risol­levatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.

State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’im­provviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Ve­gliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di com­parire davanti al Figlio dell’uomo”.

Che il futuro cova nel presente è ovvio ed evidente, allora si può concludere che il presente partorisce il futuro. Non si può immaginare un futuro se non incarnato ed esperito nel tempo ordinario, feriale, quotidiano. Ogni secondo, ogni frazione di tempo è generatrice di futuro. Ne consegue che più intensamente vivo il tempo più lo impreziosisco e lo proietto verso un futuro maturo.

Si pianta oggi per raccogliere domani. Si lavora adesso per guadagnare a fine mese, si impara ora per  investire poi. I tempi nuovi nascono dalla consapevolezza del presente. Lo sguardo di eternità che ci presenta il vangelo non accade per caso o per magia ma si costruisce parimenti ora e qui. Ma il quotidiano è tormentato, come una partoriente, per il travaglio del parto. L’attesa del parto determina lotte, sofferenze, ricerca, desiderio, progettualità, ma questo percorso offre la possibilità di dare vita, far nascere, situazioni nuove, percorsi inediti, nascite che stupiscono. Morte per la vita è la legge del seme sepolto e affidato alla terra. Senza scoraggiamenti. “Senza tenergli il posto o farlo mangiare nel mio piatto, non gli permetto di sedere sul trono del mio cuore” (Ermes Ronchi).

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Gesù viene e noi ci prepariamo ad accoglierlo come liberatore. Doniamogli le nostre mani incatenate ci scioglierà, presentiamo a lui il nostro cuore intorbidito lo rasserenerà, guardiamo a lui correremo nella strada della libertà, i nostri vicoli ciechi e le nostre strade senza uscita conosceranno altri percorsi, altri risvolti, altre soluzioni.  “Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. Un occhio all’aratro ed uno alla stella, l’oggi e la trascendenza. Dio ed io. Il presente come grembo di futuro, proiettarci in avanti guardando dove poggiamo i piedi.

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