III Domenica di Avvento
Lo scandalo dell’umiltà e dell’amore che fanno trasparire Dio
(Isaia 35,1-6.8.10; Giacomo 5,7-10; Matteo 11,2-11)
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui»”.
Ciò che ci rende grandi e graditi a Dio è la nostra umiltà. Più si è umili e più si è somiglianti a Dio. Lui ha abbassato, ha umiliato se stesso per rendersi vicino ad ogni uomo, nessuno escluso. Chiunque “deruba” la sua vita per donarla agli altri è simile a Dio. Il paragone è assolutamente improponibile se si fa riferimento alla quantità perché Dio essendo onnipotente supera di gran lunga l’uomo, lo sovrasta e lo ridicolizza. Ma nella qualità dei suoi gesti e delle sue scelte, l’uomo, somiglia a Dio.
Ogni volta che un cristiano incarna il vangelo nella sua vita diventa una fiaccola accesa per coloro che sono smarriti, sfiduciati. Ogni volta che ci crede mette la sua vita al servizio del prossimo per amore di condivisione e per fraternità diventa un profeta di stili nuovi, di percorsi inesplorati e di sfide dal sapore e dal gusto della tenerezza donata gratuitamente.
“Dio entra nelle ferite del mondo” con l’olio della consolazione che il cristiano è capace di versare sulle cicatrici di chi è stato visitato e morso dalla sofferenza, di chi si è smarrito perché non più capace di fiducia e abbandono, di chi scappa perché non si sente accolto e consolato. Lì dove c’è una lacrima deve esserci sempre qualcuno per consolare, confortare ed essere segno e presenza di Dio che avvicina e dona conforto.
Gesù rispondendo all’interrogativo di Giovanni se fosse lui colui che doveva arrivare come messia, gli manda a dire non tanto una formula matematica, una parola magica o una teoria filosofica ma semplicemente che i ciechi vedono, i sordi odono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono guariti e i morti risuscitano. Fatti concreti e non nebulosi e intricati concetti. A coloro che, oggi, increduli si chiedono chi sia Dio e dove sia Dio, i cristiani dovrebbero rispondere col linguaggio persuasivo dell’amore condiviso gratuitamente e generosamente con chi non ha nessun diritto ad averlo o invocarlo.