Proseguendo all’udienza generale il ciclo di catechesi dedicate alla vecchiaia, Francesco ne parla oggi come tempo in cui si vive con più maturità l’avvicinarsi dell’incontro con Dio. Il nostro luogo stabile – spiega – non è sulla terra ma accanto al Signore e nella vita siamo apprendisti. Fermare il tempo è impossibile
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Dopo la pausa di luglio e le riflessioni, la scorsa settimana, dedicate al suo viaggio in Canada, il Pontefice, nell’Aula Paolo VI gremita di fedeli, sviluppa la sua sedicesima catechesi sulla terza età come “tempo proiettato al compimento”, che è passaggio attraverso la fragilità della fede e della testimonianza e “attraverso le sfide della fraternità”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Il tempo dell’attesa di Cristo
Il Papa fa il suo ingresso nell’Aula Paolo VI
La vecchiaia, spiega il Papa, è momento propizio “per la testimonianza commossa e lieta” dell’attesa di Cristo, perché “l’anziano e l’anziana sono in attesa, in attesa di un incontro”. E se in questa stagione della vita “le opere della fede, che avvicinano noi e gli altri al regno di Dio”, perdono “la potenza delle energie, delle parole, degli slanci della giovinezza e della maturità”, “proprio così rendono ancora più trasparente la promessa della vera destinazione della vita: un posto a tavola con Dio, nel mondo di Dio”. Per Francesco occorrerebbe, nelle Chiese locali, “ravvivare questo speciale ministero dell’attesa del Signore, incoraggiando i carismi individuali e le qualità comunitarie della persona anziana”.
Una vecchiaia che si consuma nell’avvilimento delle occasioni mancate, porta avvilimento per sé e per tutti. Invece, la vecchiaia vissuta con dolcezza, vissuta con rispetto per la vita reale scioglie definitivamente l’equivoco di una potenza che deve bastare a sé stessa e alla propria riuscita. Scioglie persino l’equivoco di una Chiesa che si adatta alla condizione mondana, pensando in questo modo di governarne definitivamente la perfezione e il compimento.
Destinati ad andare oltre attraverso il passaggio della morte
Quando ci si libera dalla presunzione di poter essere sempre perfetti e in salute, energici e pienamente riusciti, “il tempo dell’invecchiamento che Dio ci concede”, chiarisce il Papa, “è già in sé stesso una di quelle opere ‘più grandi’” che Gesù ci promette che compiremo, oltre a quelle stesse da lui compiute, se crediamo in lui. Quindi Francesco specifica qual è il senso della vita dell’uomo.
La nostra vita non è fatta per chiudersi su sé stessa, in una immaginaria perfezione terrena: è destinata ad andare oltre, attraverso il passaggio della morte. Perché la morte è un passaggio. Infatti, il nostro luogo stabile, il nostro punto d’arrivo non è qui, è accanto al Signore, dove Egli dimora per sempre.
Un momento dell’udienza generale
Sulla terra siamo iniziati al compimento in Dio
Insomma, sulla terra “siamo apprendisti della vita”, dice il Pontefice, “che, tra mille difficoltà, imparano ad apprezzare il dono di Dio, onorando la responsabilità di condividerlo e di farlo fruttificare per tutti”. E “il tempo della vita sulla terra è la grazia di questo passaggio”. Fermare questo tempo, “volere l’eterna giovinezza, il benessere illimitato, il potere assoluto” è impossibile e delirante, aggiunge Francesco.
Il Papa saluta i fedeli
La nostra esistenza sulla terra è il tempo dell’iniziazione alla vita, è vita, ma che ti porta avanti a una vita più piena, l’iniziazione di quella più piena; una vita che solo in Dio trova il compimento. Siamo imperfetti fin dall’inizio e rimaniamo imperfetti fino alla fine. Nel compimento della promessa di Dio, il rapporto si inverte: lo spazio di Dio, che Gesù prepara per noi con ogni cura, è superiore al tempo della nostra vita mortale. Ecco: la vecchiaia avvicina la speranza di questo compimento. La vecchiaia conosce definitivamente, ormai, il senso del tempo e le limitazioni del luogo in cui viviamo la nostra iniziazione. La vecchiaia è saggia per questo: i vecchi sono saggi per questo.