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XXVI Domenica Tempo Ordinario – Anno C – 25 settembre 2016

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XXVI Domenica Tempo Ordinario – Anno C – 25 settembre 2016

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Dio “difensore d’ufficio” dei poveri

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù disse ai farisei: 
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Quando qualcuno non dispone di mezzi economici, perché non abbiente, e deve essere difeso in tribunale, può chiedere il “difensore d’ufficio” o “il gratuito patrocinio” per essere comunque garantito nei suoi diritti di difesa. 

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I poveri raccontati dalla bibbia hanno in Dio stesso il loro difensore. Da tutti esclusi, da nessuno considerati, dalla maggior parte offesi e denigrati; i poveri, gli ultimi, gli esclusi, solo da Dio vengono compresi, accolti, ricevuti, accompagnati ed assecondati. Per l’oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò – dice il Signore – metterò in salvo chi è disprezzato” (Salmo 11,6).

Tutti coloro che vengono macinati dall’indifferenza altrui entrano a pieno diritto nel cuore di Dio che si prende cura di ciascuno di loro e li difende e protegge. Un proverbio popolare, tra l’altro molto conosciuto e citato recita che “il peggior disprezzo è la non curanza”, cioè non considerazione, non relazione con una persona. Oggi, purtroppo, l’indifferenza è globalizzata ed è una malattia che ha un virus contagioso potente e aggressivo.

Questa malattia è stata anche quello del ricco presentato dalla parabola odierna di Gesù. Indifferente alla fame di Lazzaro, Epulone, pranzava lautamente. Il suo sguardo non era per il povero ma per il piatto da cui attingeva soddisfazione, non a Lazzaro ma agli altri commensali, intenti come lui a relazionarsi solo con i pari. Per Lazzaro non c’è neppure una briciola del pane che essi consumavano, ma neppure una briciola di sguardo, di considerazione. Ma chi ignora isola se stesso si mette in prigione lì dove crede di trovare la sua libertà. I muri, gli steccati, gli isolamenti raggomitolano se stessi in se stessi. E’ il trionfo e la sinfonia del distillato egoismo. Ma siccome è Dio colui che difende gli scartati, gli ignorati ecco che Lazzaro dopo la morte è nel grembo di Abramo a gioire con chi da sempre lo ha difeso e mai escluso.

Epulone, precipitato negli inferi, tormentato, chiede una goccia, un sorso, un refrigerio, ma non è consentito, come lui non ha buttato lo sguardo sul povero che ogni giorno celebrava la liturgia della mendicanza dinanzi alla porta di casa sua. Abbiamo i poveri, i miseri, gli scartati tra di noi, ascoltiamoli, soccorriamoli, sono “carne di Cristo”. Daremo una “briciola”, riceveremo una “goccia”.

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