XXXIV Domenica Tempo Ordinario – Gesù Cristo Re dell’universo
Il Re che muore per amore
(2 Samuele 5, 1-3; Colossesi 1, 12-20; Luca 23, 35-43)
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo, dopo che ebbero crocifisso Gesù, il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio. tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso»”.
Un Dio che muore è impossibile, inconcepibile, ma nel cristianesimo è vero. L’amore rende possibile ciò che è impossibile. Storico. L’amore vale più della vita. E Gesù dall’alto della croce lo ha dimostrato donandosi, vittima di riconciliazione per il bene e la salvezza di ogni uomo. Questa è la regalità a cui ci richiama la liturgia odierna che conclude il ciclo di un anno liturgico.
Un Dio che nasce povero, in periferia, ai margini della città e degli interessi umani, un Dio che fugge per ripararsi dall’odio fratricida degli uomini che vogliono primeggiare, un Dio che vive nascosto e mimetizzato fra gli altri sottoponendosi ad una normale crescita, un Dio che predica e viene contestato, un Dio che accetta d’essere arrestato, vilipeso, deriso e sputacchiato; solo un Dio così debole e fragile può raccontare la vera storia dell’amore e l’intensità che lo lega a coloro che egli ama. Sì “Dio è amore” e non può che amare. In un certo senso è “obbligato” ad amare, non sa fare altro che amare e per amore si sacrifica, si dona. Si fa abbandono, rifiuto, ultimo, povero, indifeso perché nessuno abbia a scoraggiarsi e sentirsi escluso ma tutti “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
La croce diventa la cattedra più importante ed eloquente della storia umana una cattedra fatta di concretezza dove ciò che si insegna si pratica e diventa esempio che straripa pacificamente nell’animo di tutti bonificando le paludi dell’esistenza e gli acquitrini delle nostre sconfitte. Tutti si sentono amati, pensati, desiderati ed attesi. Addirittura la forza dell’amore spinge il Figlio di Dio deriso sulla croce a dare un supplemento d’amore a coloro che odiandolo, lo deridono. Non hanno bisogno di rimprovero, riprovazione o esclusione ma solo di supplementi, di reiterata dichiarazione d’amore perché interessano anch’essi al cuore di Dio. L’amante rincorre sempre l’amato. Chi ama chiama, attende, accoglie, insegue, si sacrifica e si dona con generosità. Porta con sé in paradiso anche il ladrone ravveduto perché illuminato dalla forza dell’amore espressa da Cristo su nudo legno della croce che “ nelle sue braccia aperte fa brillare l’amore di Dio”.
L’amore non si merita si accetta. Dinanzi all’amore di Dio no possiamo che essere recipienti, culla da cui nasce una nuova vita: una rivoluzione, una civiltà inedita fondata sulla inclusione, sugli abbracci, sui perdoni, sulla misericordia sulla gratuità. L’amore non si paga, non ha prezzo altrimenti sarebbe gratitudine invece è gratuità unica ed assoluta. Ecco come ci ama Dio, dalla nuda croce, patibolo per chi l’adorna abitandola, e testimonianza d’amore per chi la guarda e crede in colui che si dona. Ecco il nostro Re, il nostro servo.